Scambi, dazi e dogane: cosa cambia nel commercio dopo la Brexit

Dall’1 gennaio 2021 la Gran Bretagna è fuori dal mercato unico europeo e, sebbene in extremis, il divorzio è stato omologato con accordi che aprono la nuova era del “post-Brexit”.

È finito il periodo di transizione che ha completato il processo di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, avviato dopo il referendum del 2016. Un accordo di divorzio vero e proprio, composto da ben 1.246 pagine i cui effetti potranno essere apprezzati solo ed esclusivamente nel medio-lungo periodo, avendo particolare ripercussione sulle relazioni economiche e commerciali tra gli Stati membri e il Regno Unito.

Nuova era del commercio transfrontaliero

Quel che è certo è che i molti risvolti (e ostacoli) ci saranno per quanto riguarda il commercio transfrontaliero, ovvero l’attività di scambio merci tra Stati membri dell’Ue e il Regno Unito. In via preliminare, possiamo dire che la maggior parte delle merci scambiate da e verso il Regno Unito non è sottoposta a dazi o quote, tuttavia, dalle attività di esportazione scaturiscono spesso ostacoli normativi e burocratici che certamente renderanno più gravosa l’attività di scambio tra Paesi che, fino al mese scorso, potevano dirsi ancora “senza confini” tra loro.

In linea generale, nulla cambia riguardo alle caratteristiche che i prodotti dovranno avere per essere esportati, in quanto dovranno essere conformi alle normative tecniche e, quindi, saranno soggetti a controlli di conformità e verifiche in sede doganale. In sostanza, il commercio fra le due sponde della Manica continuerà, ma saranno ripristinati i controlli alla dogana di ingresso, con la conseguenza che le aziende che provengono da UE e da UK dovranno certificare l’origine dei loro prodotti oltre a dover eventualmente sottoporsi ai limiti proporzionali sui prodotti pre-assemblati all’estero.

La dichiarazione doganale e il suo ruolo

Ciononostante, l’accordo commerciale fra le due parti parla di “tariffa zero” per i dazi doganali. C’è da dire che le conseguenze dell’uscita del Regno Unito dal mercato unico europeo prevedono la contemporanea uscita anche dall’unione doganale. Questo fa sì che per importare (ed esportare) serve una dichiarazione doganale, che ha un ruolo centrale nell’accordo commerciale, che si accompagna alla fattura di spedizione o di importazione. Senza questa e senza particolari requisiti, che riguardano l’origine della merce, i prodotti non saranno esentati dai dazi.

Per essere esentati dai dazi doganali, quindi, oltre alla dichiarazione, è necessario che venga identificato in modo chiaro e specifico il Paese di origine delle merci e per i prodotti pre-assemblati la provenienza dei componenti. Procedura a carico di chi importa o di chi spedisce. Il documento che prevede queste informazioni è proprio la dichiarazione doganale.

E se il ruolo centrale concretamente è dato alla dichiarazione doganale, il cuore della normativa invece è relativa all’origine, sia dei componenti, sia dei prodotti da importare. Perché in concreto, per poter accedere all’esenzione e quindi beneficiare della “tariffa zero”, si deve trattare di prodotti locali o di componenti locali (detti anche local content) in una certa quota, che sulla carta dovrebbe aggirarsi sul 55%.

Una quota altissima che, a lungo andare, potrebbe creare un calo sostanziale nel fatturato dell’import ed export nel medio lungo termine. Per evitare questo rischio nell’immediato, le due parti hanno così previsto una sorta di cumulazione dei componenti “locali” fra quelli degli Stati membri e quelli del Regno Unito, in modo che i primi partecipino in proporzione come componenti locali. Entrambe le compagini hanno tuttavia predisposto un piano per favorire le aziende locali nella produzione dei componenti in modo da incrementare la loro politica economica interna.       

L’Iva

Discorso diverso per quanto riguarda l’Iva che viene applicata regolarmente. Tema che i contraenti dell’accordo non hanno preso in considerazione e che quindi prevede che tutte le merci importate nel Regno Unito che hanno un valore uguale o superiore a 135 sterline saranno assoggettate al pagamento dell’Iva nel momento in cui il prodotto varca la dogana. Per tutte quelle che, invece, hanno un valore commerciale inferiore, se il destinatario del prodotto è direttamente un consumatore e non un’azienda o ente pubblico, questa deve essere pagata direttamente nel momento della vendita.

In più, per determinati prodotti specifici, soprattutto di carattere non durevole (degradabile) particolari norme sono previste in base alla tipologia di prodotto. A peggiorare questa situazione già complessa e difficile, che prospetta lunghe code autostradali e un conseguente aggravio economico per le aziende, comprese quelle che esportano prodotti Made in Italy, ci pensa il governo di Boris Johnson che ha già implementato il personale addetto ai controlli doganali e all’immigrazione con la promessa di aumentarlo di 1100 unità.

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