Infortunio per colpa del dipendente e responsabilita' del Datore Di Lavoro

Di regola è obbligato a risarcire il danno "colui che ha commesso il fatto", purchè si tratti di un fatto doloso o colposo.

Vi sono casi in cui un soggetto è chiamato a rispondere del danno cagionato da altri. Si parla in questi casi di responsabilità indiretta.

Il nostro ordinamento giuridico prevede il diritto al risarcimento dei danni causati dal dipendente durante lo svolgimento della propria attività lavorativa.

In questi casi il datore di lavoro risponde direttamente per il danno causato dal proprio dipendente. L'esempio di scuola è quello della domestica che accidentalmente lascia cadere un oggetto dal balcone che colpisce il mal capitato passante.

L'articolo 2049 c.c. intitolato "Responsabilità dei padroni e dei committenti" così dispone:

[I]. I padroni e i committenti [2082 ss.] sono responsabili per i danni [2056 ss.] arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.

Così chi resta vittima di incidenti causati dai dipendenti del datore di lavoro, potrà così, a seconda della gravità, riportare lesioni personali e ritrovarsi dinanzi a tutta una serie di problematiche, come la necessità di cure in un paese con una legislazione diversa, la cui lingua è possibilmente non comprensibile.


Chiaramente, in siffatti casi, una volta ritornati nel proprio paese di origine, le procedure per ottenere il risarcimento dei danni risulteranno più gravose.


Sarà infatti necessario rivolgersi a un legale del luogo in cui l’incidente si è verificato, per essere assistiti nella procedura.


La giurisprudenza di legittimità ha precisato che tale forma di responsabilità “non discende dalla esecuzione delle specifiche mansioni da parte del dipendente, essendo sufficiente che la condizione lavorativa sia occasione necessaria per la realizzazione o anche solo l'agevolazione della condotta dannosa, e che questa non consista quindi in un'attività del tutto estranea al rapporto di lavoro” (Cass. Civ. n. 6033/2017).


Pertanto, affinchè il datore di lavoro risponda della condotta illecita del suo dipendente sarà sufficiente "un rapporto di occasionalità necessaria, nel senso che l'incombenza abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l'evento dannoso, anche se il dipendente abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, purchè sempre nell'ambito dell'incarico affidatogli, così da non configurare una condotta del tutto estranea al rapporto di lavoro" (Cass. Civ. 24.01.2007).


Da quanto detto discende anche un obbligo di vigilanza a carico del datore di lavoro sul dipendente, per assicurarsi che lo stesso utilizzi le attrezzature correttamente, per le finalità per le quali esse sono deputate, evitando così di cagionare danni a sé o ad altri.
Per i motivi di cui sopra, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto responsabile il datore di lavoro, proprietario e gestore di un’autofficina, per il fatto del dipendente, il quale aveva utilizzato il compressore presente all’interno dei locali di lavoro per gonfiare il pallone ad un bambino. Il pallone era però scoppiato, causando al bambino la perdita di un occhio.


La Suprema Corte ha ritenuto che il datore di lavoro avrebbe dovuto vigilare sull’operato del suo dipendente, a nulla rilevando che la predetta attività non sia stata da lui delegata, ma un’autonoma iniziativa dello stesso lavoratore.


Chi ha subito dunque un incidente in Italia, causato da un lavoratore dipendente, potrà affidarsi ad un legale di tale paese e rivalersi anche sul datore di lavoro per inosservanza degli obblighi di vigilanza e tutela dei terzi nell’esercizio dell’attività lavorativa dei suoi dipendenti.

Avv. Laura Bellanca

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