Se una dipendente è incinta, è legale non rinnovarle il contratto?

Quando una lavoratrice si vede negato il rinnovo del contratto perché in gravidanza, può essere discriminazione?

Secondo la Cassazione, se a un’impiegata venisse negato il rinnovo del contratto a causa della sua gravidanza si tratterebbe di discriminazione sul posto di lavoro basata sul sesso, pertanto, la decisione del non rinnovo del contratto non sarà legittima.

Per poter parlare di discriminazione sul posto di lavoro, occorre dimostrare che per l’azienda, la necessità della prestazione di lavoro svolta in precedenza dalla dipendente in gravidanza non sia venuta meno. Tale prova potrebbe essere osservata nel caso in cui, altri lavoratori, secondo le esigenze del datore di lavoro, hanno avuto rinnovato il contratto e nelle stesse condizioni, la lavoratrice incinta si è vista negato il rinnovo. In mancanza di giustificazioni valide, il mancato rinnovo del contratto scaduto della dipendente incinta può fare pensare a una ragione discriminatoria.

Il caso è legato a una dipendente incinta, che si è vista negare il rinnovo del contratto a termine. Inoltre, la dipendente aveva immaginato che la decisione fosse stata presa in base alla sua situazione e che pertanto, tale decisione presentasse una natura discriminatoria, dati i rinnovi concessi ai suoi colleghi uomini. Rivolgendosi al Tribunale di Roma, ha richiesto che il suo diritto al rinnovo del contratto di lavoro fosse accertato e in seguito, stabilizzato il rapporto lavorativo. La cassazione ha ribaltato la sentenza di primo grado, nella quale la dipendente incinta era stata sconfitta. In base al nostro ordinamento, un datore di lavoro, date le prestazioni lavorative di un dipendente può decidere a sua discrezione di non rinnovare un contratto ma solamente se tale decisione non presenti caratteri discriminatori, che ne rendono la decisione illegittima.

La decisione illegittima è il risultato di un comportamento discriminatorio del datore di lavoro che decide di non rinnovare il contratto di lavoro alla dipendente incinta, mentre lo rinnova ai colleghi uomini che si trovano nelle stesse condizioni contrattuali della dipendente. Risulta evidente che in questa decisione viene a mancare la discrezionalità decisionale del datore di lavoro. Pertanto, data la disciplina comunitaria riguardante il divieto di discriminazione di genere e delle pari opportunità della Corte di Giustizia dell’Unione Europa, questo trattamento meno favorevole riservato alla lavoratrice in gravidanza risulta essere discriminatorio.

Quindi, per la legge, il datore di lavoro deve fornire le prove dell’insussistenza della discriminazione, presentando le prove e le ragioni per le quali  questo trattamento non presenti carattere discriminatorio.

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