Diniego al subappalto e carenza di legittimazione al ricorso dell'aspirante subappaltatore

La recente sentenza del TAR Lazio Sez. I n° 12656 del26.7.2023 affronta una tematica particolare, riguardante la facoltà del sub-appaltatore di impugnare il provvedimento con cui la Stazione appaltante non presta il consenso al subappalto.

Questa la vicenda: il Ministero della Giustizia ha indetto una gara informale ai sensi ex art. 162 del d.lgs. 50/2016 (Contratti secretati), per le forniture di un insieme di servizi per il supporto nella gestione dei sistemi e delle reti, per l’assistenza agli utenti nella gestione delle postazioni di lavoro e l’assistenza applicativa.

La società ALFA, che non era stata invitata pur ritenendo di averne tutti i requisiti, prendeva comunque accordi con la società BETA (che era stata invitata), mettendosi d’accordo per assumere il ruolo di subappaltatore.

La società BETA poi risultava aggiudicataria dell’appalto e, dopo avere indicato di volersi avvalere del subappalto, indicava il nominativo della società ALFA richiedendo l’autorizzazione a procedere alla stipula del contratto di subappalto.

Tale autorizzazione tuttavia veniva negata dalla stazione appaltante, e la società BETA, forse per non inimicarsi la Stazione appaltante, non ne dava neanche conoscenza formale all’aspirante subappaltatore.

La società ALFA contestava tale modus procedendi, formulando un istanza di riesame del diniego e successivamente un ricorso al TAR lamentando l’eccesso di potere per arbitrio ed illogicità.

Il TAR disponeva in via istruttoria l’acquisizione di tutti gli atti del procedimento, da cui si evinceva che il diniego era motivato in virtù del fatto che la stessa ALFA era stata invitata e risultata aggiudicataria della precedente gara informale per l’affidamento dello sviluppo del sistema informativo unitario telematico del processo penale e per la manutenzione e diffusione degli attuali sistemi dell’Area penale del Ministero della Giustizia, rilevando pertanto la sussistenza di una condizione impeditiva, anche in ossequio al principio di rotazione ed altresì in virtù del fatto che il Ministero riteneva opportuno evitare che il fornitore del software e la ditta incaricata di rendere l’assistenza, coincidessero nella medesima figura, generando, in questa eventualità, una commistione nella conduzione delle due tipologie di attività, con potenziale grave pregiudizio alla capacità dello stesso Ministero di discriminare le responsabilità contrattuali e prestazionali dei relativi fornitori.

In verità tale ultima parte della motivazione appare effettivamente illogica, poiché anzi se la ditta che fornisce l’assistenza è stata a monte fornitrice del sistema informatico non potrà certamente attribuire al fornitore eventuali carenze, sicchè anzi la diversità può più facilmente generare uno scarico e rimpallo di responsabilità.

Ma comunque questa era la motivazione del diniego.

La società ALFA formulava quindi, avendo avuto una completa disclosure di tutti gli atti, un ricorso per motivi aggiunti, insistendo per l’annullamento del diniego al subappalto, osservando quanto al supposto criterio di rotazione da rispettare che la clausola del bando che conteneva tale criterio era riferita alla selezione degli operatori economici da invitare e non alle imprese subappaltatrici, di tal che il diniego doveva ritenersi illegittimo.

Si trattava quindi in verità di argomenti e censure non manifestamente infondati.

Il TAR tuttavia non è entrato nel merito della legittimità del provvedimento, rilevando “a monte” l’inammissibilità del ricorso della subappaltatrice, ritenendola priva della legittimazione alla proposizione del ricorso, in quanto portatrice di un interesse di mero fatto, diverso dall’interesse al ricorso cui consegue l’ammissibilità del ricorso medesimo.

Il TAR al riguardo ha ritenuto che il subappaltatore non fosse legittimato ad impugnare il diniego di subappalto, osservando che, poiché ricade sull’appaltatore la responsabilità dell’eventuale inadempimento (parziale o totale), non può che essere a lui rimessa la decisione, dettata da considerazioni di carattere tecnico-aziendale, di avvalersi di un subappaltatore per lo svolgimento (di parte) delle prestazioni necessarie per garantire l’esatto adempimento del contratto e in ultima analisi il raggiungimento del risultato voluto dalle parti.

Ne consegue che secondo il TAR l’unico soggetto legittimato ad impugnare il diniego del subappalto è l’appaltatore, e pertanto se lo stesso non impugna e presta acquiescenza al provvedimento (per sue insindacabili ragioni di convenienza) deve escludersi che il subappaltatore sia legittimato a impugnare il diniego di autorizzazione al subappalto adottato nei confronti dell’appaltatore, ossia nei confronti del soggetto che con la presentazione della relativa istanza ha palesato il suo interesse diretto, concreto e attuale a ricorrere a questa particolare modalità adempitiva.

Sicchè, l’eventuale interesse del subappaltatore all’esecuzione del subappalto, in tale contesto, costituisce interesse di mero fatto, non azionabile né in sede procedimentale (come risulta dalla disciplina di riferimento) né in sede giurisdizionale, con conseguente inammissibilità del ricorso.

Silvio Motta
Partner
Carmelo Barreca
Of Counsel
 

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