Danni risarcibili ai congiunti della Vittima. La cassazione sulla risarcibilità del danno da perdita parentale.

Un sinistro o altro illecito non coinvolge soltanto il soggetto che direttamente ha vissuto l’evento, ovvero la vittima. Purtroppo vi sono degli eventi cosiddetti “plurioffensivi”, che coinvolgono anche i familiari, quali vittime secondarie dell’evento morte del congiunto. È ovvio infatti che la perdita di un familiare determina per i cari un’enorme sofferenza, che merita un giusto ristoro quantificato in termini patrimoniali. Si tratta comunque di una conseguenza immediata e diretta del fatto dannoso del terzo che ha leso in primo luogo la vittima.
 

Ma passiamo alla disamina dei danni per i quali i congiunti possono avere diritto di ottenere il risarcimento. Si tratta di danni che si ripercuotono direttamente nella loro sfera giuridica e risarcibili iure proprio, cioè non ereditati dalla vittima, ma maturati direttamente dai congiunti.

Danno patrimoniale iure proprio: si tratta delle perdite delle utilità economiche elargite dal defunto al prossimo congiunto e delle quali beneficiava e avrebbe presumibilmente continuato a beneficiare in futuro;

Danno biologico iure proprio: ricorre nel caso in cui la perdita del congiunto abbia determinato nei familiari una lesione dell’integrità psicofisica;

Danno da morte iure proprio: è il danno derivante dalla recisione grave e irreparabile del legame familiare costituzionalmente tutelato, derivante dal decesso del congiunto.

Tale ultima voce di danno, si badi bene, va concretamente accertata tenendo conto del concreto legame affettivo intercorrente con la vittima. Il danno da perdita parentale sarà senz’altro configurabile ad esempio tra genitori e figli, tra fratelli e tra nonni e nipoti particolarmente vicini.

Oltre questi danni, i congiunti hanno, altresì, il diritto, ove ricorrano i presupposti, al risarcimento dei danni patiti personalmente dalla vittima prima di spirare e trasmessi a loro iure hereditatis, ovvero per eredità. 

Si tratta del danno biologico terminale e del danno morale soggettivo. Il primo si configura come la lesione al bene salute nella sua massima intensità, poiché si tratta di lesioni che condurranno alla morte del soggetto. Il danno morale invece consiste nelle sofferenze patite dalla vittima per l’avvicinarsi dell’evento morte, dalla stessa percepito.

Con riguardo al danno biologico terminale, condizione necessaria per la sua risarcibilità è che tra l’evento lesivo e la morte sia trascorso un apprezzabile lasso di tempo. In altre parole, occorre che vi sia stata una netta separazione temporale tra i due eventi. 

Con riguardo in vece al danno morale soggettivo, la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che la vittima, per maturare tale voce di danno, deve essere lucida nella sua agonia. Ciò in quanto deve aver potuto concretamente e coscientemente percepire l’apprestarsi della morte.

Pertanto, chi ha subito la grave perdita di un congiunto può avere diritto al risarcimento di una pluralità di danni, a seconda delle circostanze del caso concreto.

LA CASSAZIONE SUL DANNO DA PERDITA PARENTALE IN ASSENZA DI CONVIVENZA.

Come si è detto, la risarcibilità del danno da perdita parentale trova fondamento nella Costituzione. In particolare, ad essere tutelata è l’intangibilità degli affetti che derivano dal rapporto di parentela.
Alla luce però dell’evoluzione del concetto di “famiglia naturale” è evidente come ormai si intendano come legami familiari, anche legami che si fondano sull’affetto e la condivisione e non soltanto su vincoli di sangue.

Il legame di parentela, dunque, non è un requisito imprescindibile ai fini della risarcibilità del danno né lo è quello della convivenza in sè.

La Suprema Corte di Cassazione, di recente occupatasi di siffatti casi, ha chiarito che il rapporto non di stretta parentela, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, non può essere ancorato alla sola convivenza, con esclusione automatica, nel caso di non sussistenza della stessa, della possibilità per tali congiunti di provare in concreto la sussistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e di solidarietà con il familiare defunto (Cassazione civile, n. 18069/2018).

Infatti, il prossimo congiunto ha diritto al risarcimento del danno se prova l’effettività e la consistenza della relazione affettiva, sicchè la convivenza non rappresenta una condicio sine qua non, ma soltanto un criterio utile per dimostrare quella relazione.

Pertanto la sussistenza dello stretto vincolo di parentela, pur costituendo un requisito fondamentale secondo l’impostazione tradizionale, non costituisce l’unico requisito ai fini del riconoscimento del danno parentale. Ciò in quanto, la progressiva estensione del modello familiare ai rapporti fatto, ha condotto al riconoscimento del danno parentale anche ai conviventi more uxorio. Inoltre, pur in presenza di un legame di sangue, va indagata la presenza di altri presupposti, ad esempio un rapporto di convivenza, al fine di verificare l'esistenza di un reale e profondo legame affettivo, meritevole di tutela.

Avv. Laura Bellanca

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