Bitcoin e criptovalute: trattamento fiscale e Quadro RW.

Negli ultimi anni, con l’ingresso delle criptovalute, il mercato degli investimenti ha subito una vera e propria rivoluzione.

Volatilità e decentralizzazione, queste le caratteristiche che hanno reso queste “valute” alternative a quelle tradizionali, così poco affidabili ma allo stesso tempo così interessanti agli occhi di coloro che intendono speculare ed approfittare dei continui e imprevedibili cambi di valore. In questo terreno, reso fertile dall’illusione di molti soggetti di potersi “arricchire in poco tempo”, si è assistito ad un incremento esponenziale delle truffe che, purtroppo, continua ad essere protagonista

D’altro canto, vari investitori, si sono ritrovati quasi improvvisamente col possedere ingenti patrimoni, sotto gli occhi attenti dell’Agenzia delle Entrate.

In molti si stanno chiedendo, infatti, se le plusvalenze dovute dall’aumento di valore delle criptovalute siano sottoposte o meno a tassazione ma, soprattutto, in quale disciplina rientri una moneta, se così si può definire, con caratteristiche di “a-territorialità”.

La normativa al momento è quasi assente e, la storia insegna, che dove non arriva il legislatore cerca sempre di sopperire la giurisprudenza, ovvero, nel caso di specie, la stessa Agenzia delle Entrate.

Secondo la direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, sono soggette all’IVA “le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale”.

Ecco che fa chiarezza la Corte di Giustizia dell’Unione europea, con sent. 22 ottobre 2015, causa C-264/14, la quale considera come prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso, “le operazioni che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra, da una parte, il prezzo al quale l’operatore interessato acquista le valute e, dall’altra, il prezzo al quale le vende ai suoi clienti.” I giudici europei affermano, inoltre, che “un indirizzo bitcoin potrebbe essere comparato a un numero di conto corrente bancario”.

L’Agenzia delle entrate, con Risoluzione n. 72/E del 2 settembre 2016, prende avvio da quanto affermato dai giudici europei, a sostegno del fatto che “l’attività di intermediazione di valute tradizionali con bitcoin, svolta in modo professionale ed abituale, costituisce una attività rilevante oltre agli effetti dell’Iva anche dell’Ires e dell’Irap.”

Occorre però precisare che l’attività di cambio di valute tradizionali con criptovalute, rientra secondo la CGUE nelle attività esenti da IVA, ossia all’interno delle operazioni, compresa la negoziazione, “relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio, ad eccezione delle monete e dei biglietti da collezione ossia monete d'oro, d'argento o di altro metallo e biglietti che non sono normalmente utilizzati per il loro valore liberatorio o presentano un interesse per i numismatici” (art. 135, paragrafo 1, lettera e), direttiva 2006/11.

Alla luce di ciò, “come” e “quando” vanno dichiarati i “redditi da cripto”?

Cosa si rischia nel caso di mancata dichiarazione?

L’Agenzia delle Entrate considera, ad oggi, le criptovalute in grado di generare “Redditi diversi” ai sensi dell’art. 67 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR 22/12/1986 n. 917).

Tuttavia, il quadro d’incertezza oggi esistente lascia ben pensare, in linea con il principio della “tutela dell'affidamento e della buona fede” ex art. 10 comma 3 dello Statuto del contribuente (l. 212/2000), che non vadano irrogate sanzioni in caso di violazioni, viste le “obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria”.

Seppur in presenza di lacune normative, l’Agenzia ha previsto l’obbligo di inserire l’eventuale possesso di valute virtuali, nel “Quadro RW”, all’interno del codice 14 Altre attività estere di natura finanziaria e valute virtuali”, senza tuttavia specificare lo “Stato estero”.

Questo perché la Risoluzione 72/E del 2016, per mezzo dell’assimilazione delle valute virtuali alle valute estere, ha ricondotto le prime sotto la disciplina dell’art. 67 TUIR co.1-ter, secondo cui “le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito (…)”. La condizione richiesta, a tal fine, è che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti (nel caso specifico trattasi di “wallet”) complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, sia superiore a € 51.645,69 per almeno 7 giorni lavorativi continui.

Inoltre, è necessario far rilevare in questa sede, che ai sensi dell’art. 67 co.1 c-ter, “si considera cessione a titolo oneroso anche il prelievo delle valute estere - quindi anche delle criptovalute - dal deposito o conto corrente”.

Per farla breve, nel caso in cui un contribuente dovesse detenere, per almeno 7 giorni lavorativi continui, un controvalore di più di € 51.645,69 di giacenza media nei propri wallet, sarà tenuto a dichiarare la plusvalenza all’interno del quadro RT del modello Redditi PF e, conseguentemente, a versare l’imposta del 26%.

A tal proposito, il controvalore in euro delle monete virtuali dev’essere calcolato sulla base del cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, ossia, quello afferente al 1° gennaio dell’anno di riferimento.

La materia al momento è lacunosa e ricca di interpretazioni contrastanti. Ecco perché risulta assolutamente necessario un continuo studio ed aggiornamento della materia, ai fini di una piena tutela dei risparmi degli investitori.

 

Giambrone & Partners è uno Studio Legale Internazionale con sedi a Milano, Roma, Palermo, Napoli e Sassari. Per avere maggiori informazioni, non esitate a contattarci qui o, in alternativa, scriveteci all’indirizzo info@giambronelaw.com oppure,contattateci telefonicamente ai seguenti recapiti:

Sede di Milano: +39 02 9475 4184
Sede di Napoli: +39 081 197 58 920    
Sede di Palermo: +39 091 743 4778
Sede di Roma: +39 06 326498
Sede di Sassari: +39 079 9220012