La Corte Costituzionale dichiara incostituzionale il rigetto della domanda di cittadinanza per decesso del coniuge

Il 23 giugno 2022 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 5 delle Nuove Disposizioni in materia di cittadinanza (legge 5 febbraio 1992, n°91). Il decesso del coniuge era stato incluso tra le cause ostative all’acquisto della cittadinanza per matrimonio, insieme ad altre cause di scioglimento volontario del rapporto di coniugio, contrastando con i principi costituzionali. Articolo 5 della Legge 5 febbraio 1992, n°91

L’articolo 5 delle Nuove disposizioni in materia di cittadinanza prevede che il coniuge straniero o apolide possano chiedere la cittadinanza italiana dopo aver risieduto legalmente in Italia per almeno due anni, ovvero dopo tre anni di matrimonio.

Lo straniero non può presentare domanda per il riconoscimento della cittadinanza in caso di scioglimento del matrimonio dovuto a divorzio, separazione o annullamento.

Il caso

La parte attrice, cittadina ucraina, presentava domanda per il riconoscimento della cittadinanza italiana nel 2011, dopo due anni di matrimonio e quattro anni di residenza in Italia. Nel 2013, la sua domanda veniva respinta a causa della morte del marito, avvenuta nel 2011. Il Ministero degli Interni giustificava il rigetto sottolineando la correttezza della procedura eseguita dalla pubblica amministrazione, ritenendo la morte del coniuge circostanza di scioglimento del matrimonio, secondo quanto previsto dalla legge 91 del 1992. La richiedente adiva quindi il Tribunale di Trieste per constatare l’illegittimità del rigetto. Il giudice di primo grado, ritenendo impossibile continuare il procedimento senza alcuna delucidazione sull’interpretazione della norma, sollevava questione di legittimità presso la Corte Costituzionale.

La decisione

La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la norma nella parte in cui non esclude la morte del coniuge dalle cause ostative alla domanda di cittadinanza per matrimonio. In primo luogo, la Corte ha ritenuto l’articolo 5 delle Nuove disposizioni in materia di cittadinanza lesivo degli articoli 3,24 e 111 della Costituzione. Il procedimento amministrativo non può infatti sostituirsi all’accertamento giurisdizionale di un diritto in violazione del diritto alla difesa e del principio del giusto processo. Il giudice costituzionale ha poi sottolineato che i tempi del procedimento amministrativo hanno ingiustamente inficiato la richiesta della parte attrice, in contrasto con il principio del buon andamento della Pubblica Amministrazione previsto dall’articolo 97 della Costituzione. Inoltre, la Corte ha posto l’accento su come i requisiti previsti dalla legge per l’acquisizione della cittadinanza per matrimonio siano già maturati dai richiedenti al momento della presentazione della domanda, rendendo irrilevanti le successive vicende.

La Corte Costituzionale ha evidenziato come la ratio della legge in questione sia quella di facilitare l’acquisizione della cittadinanza per tutelare i nuclei familiari, ancorché residenti in Italia, specialmente in presenza di figli minori.

In considerazione di ciò, un evento drammatico come il decesso di un coniuge non può essere paragonato allo scioglimento intenzionale e consapevole del rapporto matrimoniale. A fronte della motivazione fornita dalla parte resistente, la quale aveva sottolineato come l’obiettivo principale della norma fosse contrastare la celebrazione di matrimoni di comodo, la Corte ha risposto ritenendo comunque irragionevole considerare la morte del coniuge al pari di uno scioglimento o di un annullamento del vincolo matrimoniale.

Per questi motivi, la Corte Costituzionale italiana ha dichiarato incostituzionale l’articolo 5 delle Nuove disposizioni in materia di cittadinanza nella parte in cui non esclude espressamente dal novero delle circostanze ostative all’ottenimento della cittadinanza il decesso del coniuge. Pertanto, è possibile richiedere la cittadinanza italiana per matrimonio anche nel caso in cui il coniuge sia defunto.

Fonti:
Corte Costituzionale, sentenza 195/2022
 
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