Incapacità e indegnità a succedere (Art 462-463 c.c.)

La capacità di succedere è la specifica capacità di un soggetto di essere titolare di situazioni giuridiche attive e passive già facenti capo al defunto. Ai sensi del comma 1 dell’art 462 c.c. sono capaci a succedere “tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione”. Tuttavia, l’art 463 c.c. elenca una serie di ipotesi tassative in cui un soggetto può essere dichiarato indegno.

Prima di elencare i casi di indegnità a succedere, occorre distinguere l’indegnità dalla incapacità. L’incapacità a succedere determina l’impossibilità del soggetto di essere chiamato all’eredità, è ad esempio il caso di coloro che, al momento dell’apertura della successione legittima, non sono ancora concepiti, oppure il tutore ed il procuratore beneficiari di disposizioni testamentarie che furono stilate al tempo in cui svolgevano la loro attività di tutela.

Al contrario l’indegnità, non impedisce la chiamata all’eredità bensì opera come una causa di esclusione determinando una revocazione dei diritti successori acquistati dall’indegno in virtù dell’accettazione.

Pertanto, i due istituti operano in due momenti diversi, l’incapacità determina l’impossibilità del soggetto di essere chiamato all’eredità, mentre l’indegnità opera dopo che il soggetto è stato chiamato.

L’art 464 c.c. elenca tassativamente i casi in cui un soggetto può essere escluso dalla successione poiché indegno. Pur non potendo in questa sede elencare e analizzare le singole fattispecie analizzate dal codice, i comportamenti che comportano l’indegnità possono essere raggruppati in due categorie:

  1. Atti volontari che mettono in pericolo realmente o potenzialmente l’integrità fisica o morale del defunto. Ad esempio chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta (Art 463 n.1 c.c.).
  2. Le condotte volte a indirizzare a proprio favore e diversamente dalla volontà del de cuius la redazione testamentaria. Ad esempio chi ha formato un testamento falso (Art. 463 n. 6 c.c.)

L’indegnità deve essere promossa con atto di citazione ad es. dai chiamati in subordine all’indegno e deve essere dichiarata dal giudice con sentenza costitutiva, a seguito della quale si produrranno gli effetti. Una volta che il giudice dichiara indegno un erede, l’eredità viene devoluta ai chiamati in subordine. Si procederà quindi alla devoluzione mediante gli istituti della sostituzione (Art 688 c.c.), accrescimento (Art 674 c.c.) o rappresentazione (art 467 c.c.) se possibile, altrimenti l’eredità dell’indegno si devolve agli eredi legittimi del de cuius.

Coloro che succedono in luogo dell’indegno non sono tenuti ad accettare l’eredità a seguito della pronuncia di indegnità. La devoluzione dei beni ereditari infatti avviene automaticamente con l’azione di esclusione dell’indegno trattandosi, di un atto di accettazione tacita. 

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Cecilia Vassetti 
Trainee Lawyer

 

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