Il pericolo dell'esterovestizione

I rischi fiscali nello stabilire la propria società all'estero

  1. Cosa è l’esterovestizione.

L’esterovestizione è un istituto giuridico tramite il quale l’Amministrazione italiana può contestare ad una società la fittizietà della propria residenza fiscale estera.

Il TUIR (ossia il testo unico sulle imposte dul reddito) prevede una serie di norme che consentono all’Agenzia delle Entrate di ritenere residente ai fini fiscali in Italia società che abbiano la sede legale all’estero e, conseguentemente, che tutti i redditi da essa prodotti debbano essere soggetti alle imposte italiane, con evidenti aggravi in termini di sanzioni, interessi e doppia imposizione.

Pertanto, anche se la scelta del luogo in cui allocare la propria Società sia libera ed insindacabile, la carente gestione della stessa potrebbe comportare importanti rischi fiscali.

La residenza fiscale di una società. I parametri per individuare la residenza fiscale di una società sono indicati dall’art. 73 TUIR e dalle Convenzioni OCSE contro le doppie imposizioni, sottoscritte dall’Italia con vari Paesi del Mondo.

Per quanto riguarda la normativa interna, si considera residente in Italia la società che, per la maggior parte del periodo di imposta (i.e. 183 giorni in un anno), ha la sede legale, la sede dell’amministrazione ovvero l’oggetto principale nel territorio dello Stato.

Sede legale, sede dell’amministrazione e oggetto principale della società sono criteri di carattere formale, pertanto si individuano – in prima battuta - sulla base dell’atto costitutivo e dello statuto della società stessa (e detti elementi non ammettono prova contraria).

Si presume altresì residente nello Stato italiano (ma, stavolta, salvo prova contraria) la società: a) che sia controllata tramite partecipazioni anche indirette da una società o un soggetto residente in Italia; b) il cui consiglio di amministrazione sia composto per la maggior parte da soggetti residenti in Italia.

Nella ipotesi in cui vi siano rapporti di controllo con società residenti all’estero, occorre altresì sottolineare che, se lo Stato di residenza dell’ente concede una c.d. fiscalità privilegiata (i.e. una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella che sarebbe imposta in Italia), ricorrendo i presupposi di cui all’art. 167 TUIR, il reddito realizzato dalla società non residente può essere imputato direttamente in capo ai soggetti controllanti, in proporzione alla loro quota di partecipazione ed a prescindere dalla loro effettiva percezione (c.d. trasparenza fiscale).

Per quanto attiene invece il diritto Convenzionale, l’Azione 6 del Pacchetto BEPS e l’art. 4 del Modello OCSE, al fine di dirimere i conflitti di residenza riguardanti le società, individua nel luogo ove è ubicata la “sede di direzione effettiva” lo Stato competente all’imposizione tributaria.

  1. Quando l’Agenzia delle Entrate può contestare l’esterovestizione societaria.

Come visto nel paragrafo che precede, per l’Amministrazione italiana una società, per quanto avente sede legale in uno Stato estero, ben può essere considerata residente in Italia facendo uso di una serie di criteri sostanziali e formali.

Appare quindi evidente che per essere certi di non incorrere in doppia imposizione (imposizione italiana ed imposizione estera) occorre porre molta attenzione nelle scelte organizzative relative alla nuova Società: (i) è necessario che lo statuto e l’atto costitutivo non comportino collegamenti con l’Italia; (ii) è necessario che non vi siano rapporti di controllo – anche indiretti – con altre entità italiane; (iii) è opportuno valutare anche la composizione del consiglio di amministrazione nonché il luogo ove questo abitualmente si riunisce; (iv) qualora l’ente sia gestito (di fatto o di diritto) da una sola persona fisica, occorre avere attenzione al luogo ove questi si stabilisce e da cui emana le direttive per gestire l’attività sociale. Ad esempio, è stata considerata esterovestita la società con un amministratore unico (e socio unico) ufficialmente iscritto all'Aire ma, di fatto, operante stabilmente in Italia, in presenza di documentazione commerciale ed extracontabile reperita presso una società italiana (cfr. Comm. Trib. prov., Torino, Sez. II, 03.09.2021, n. 706).

Qualora, quindi, in base ai criteri sopra evidenziati, l’Amministrazione italiana sia in grado di accertare uno stabile collegamento tra direzione dell’Ente e l’Italia, potrebbe spiccare un avviso di accertamento, riportando all’imposizione tributaria italiana tutti i redditi prodotti dall’ente ovunque nel mondo. Per l’effetto, l’Agenzia delle entrate potrebbe contestare ai fini IRES, IRAP e IVA omessa dichiarazione e maggior imposta non dichiarata, con applicazione di pesanti sanzioni. Qualora, poi, la società sia a ristretta base sociale ovvero ricada nell’ipotesi di trasparenza fiscale di cui all’art. 167 TUIR, l’accertamento in capo alla società potrebbe portare – come sovente accade – ad un accertamento “a cascata” in capo ai soci, per omessa dichiarazione ai fini IRPEF degli utili percepiti e non dichiarati, oltre, anche in questo caso, ad importanti sanzioni ed interessi.

  1. Come tutelarsi.

La tutela in questi casi è sia di carattere preventivo che contenzioso: occorre una attenta analisi nella strutturazione della nuova società che si voglia costituire all’estero; in caso di accertamento occorre difendersi presso la competente Commissione Tributaria, dovendo dare la prova (di non facile produzione) circa l’effettiva attività svolta all’estero dell’Ente, nonché che lo stesso sia ubicato in altro Stato per fini diversi da quello di una più vantaggiosa fiscalità. In via subordinata, ci si deve appellare alla Convenzioni contro le doppie imposizioni, onde sostenere che, ancorché si possa ritenere residente anche in Italia, comunque i redditi prodotti dalla società debbano essere tassati solo nello stato estero di residenza.

Poiché, come si è detto, alcune fattispecie normative neppure ammettono prova contraria, è consigliabile rivolgersi ad un professionista ogni qual volta si voglia stabilire la propria attività in altro Paese, onde evitare che l’operazione possa comportare importanti perdite economiche invece che gli sperati vantaggi fiscali.

Lo Studio Legale Internazionale Giambrone è un punto di riferimento in materia di diritto tributario per clienti residenti in Italia o all’estero, avendo specifica conoscenza della complessa legislazione tributaria e della prassi amministrativa, così come del diritto europeo e delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, necessaria per definire una strategia legale personalizzata che tuteli gli interessi del contribuente, persona fisica o società di capitali.

Avv. Salvatore Mistretta
Professionista competente in diritto tributario
Consulenza e tutela in contenzioso per persone fisiche e giuridiche
 

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