Cittadinanza italiana e unioni civili

Le vicende relative all’acquisto e alla perdita della cittadinanza italiana sono disciplinate dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91, DPR 12 ottobre 1993, n. 572 e dal DPR 18 aprile 1994, n. 362. 

In particolare, l’art. 5 della legge riconosce al soggetto straniero che abbia contratto matrimonio con un cittadino italiano, la facoltà di richiedere la cittadinanza italiana in presenza di determinati presupposti previsti dalla medesima norma e dagli articoli successivi.

Tali requisiti sono:

- Durata del vincolo coniugale: se il richiedente la cittadinanza è attualmente residente in Italia da almeno 2 anni, è sufficiente che siano trascorsi 2 anni dalla celebrazione del matrimonio. Se, invece, l’istante risiede all’estero, è necessario siano trascorsi almeno 3 anni. Questi termini si dimezzano in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.

Un caso particolare è quello della cd. naturalizzazione

Qualora uno dei due coniugi sia cittadino italiano, non per nascita, ma per intervenuta naturalizzazione successiva alla celebrazione del matrimonio - ossia per aver risieduto ininterrottamente sul territorio italiano per 10 anni (se straniero extra UE) o per 4 anni (se cittadino di altro stato membro UE) e per aver dimostrato la sussistenza di ulteriori circostanze previste dal D.L. n. 113/2018 -, allora i termini di 2 o 3 anni decorrono dalla data di avvenuta naturalizzazione del coniuge e non da quella di celebrazione del matrimonio.

- Validità del matrimonio e permanenza del vincolo coniugale: il matrimonio celebrato all’estero deve essere registrato in Italia affinché possa dirsi valido ai fini della richiesta di cittadinanza. 

Ma non solo: al momento dell’adozione del decreto di concessione della cittadinanza italiana, non devono essere intervenuti la cessazione degli effetti civili, l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio, né l’eventuale separazione personale dei coniugi.

- Adeguata conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello B1 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER).

La conoscenza della lingua può essere attestata attraverso un test sostenuto presso un ente certificatorio riconosciuto dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) o dal Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca (MIUR), oppure dando prova di essere in possesso di un titolo rilasciato da un istituto di istruzione pubblico o privato, sempre riconosciuto dal MAECI o dal MIUR. 

- Assenza di condanne penali o pericolosità sociale: in particolare, l’art. 6 della Legge del ’92 stabilisce che non si possa concedere la cittadinanza italiana al richiedente che sia stato condannato con sentenza definitiva per reati gravi come i delitti contro la personalità dello Stato e i reati non colposi per i quali la legge prevede una pena base non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione. 

Con l’entrata in vigore, della Legge del 20 maggio 2016, n. 76 (c.d. Legge Cirinnà) e dei successivi decreti legislativi n. 5, 6 e 7 del 19 gennaio 2017, lo Stato italiano ha riconosciuto ai soggetti maggiorenni la facoltà di costituire un’unione civile attraverso la semplice dichiarazione dinanzi a un ufficiale di stato civile e in presenza di due testimoni, senza fare alcuna distinzione tra coppie di stesso o diverso genere. 

Inoltre, la stessa Legge all’art. 1 c. 20 stabilisce che “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso”. 

Di conseguenza, anche le disposizioni relative all’acquisto della cittadinanza per matrimonio si applicano alle unioni civili, comportando l’inedita possibilità per uno straniero di ottenere la cittadinanza italiana sulla base della propria unione civile con un cittadino italiano dello stesso sesso. 

Sebbene ad oggi, in Italia, non sia ancora possibile celebrare un matrimonio omoaffettivo, la Legge Cirinnà riconosce e ammette l’equiparazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all’estero, all’unione civile, consentendone, quindi, la trascrizione come tale nei registri dello stato civile dei Comuni italiani.

Il primo caso di cui si ha notizia di acquisizione della cittadinanza italiana in seguito a unione civile tra persone dello stesso sesso è avvenuto a Reggio Emilia, dove, nel marzo del 2018 è stata concessa la cittadinanza a uno straniero portoghese il cui matrimonio con un cittadino italiano celebrato in Portogallo era stato trascritto nei registri dello stato civile di Reggio Emilia, come unione civile.

Martina Lanza

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