Accordo tra coeredi per non far valere il testamento

Il legislatore italiano garantisce al testatore di disporre liberamente dei propri beni per il periodo successivo alla morte mediante testamento. Così facendo tutela sia il diritto di proprietà individuale, cioè l’interesse del testatore a trasmettere dopo la propria morte il suo patrimonio a taluni soggetti, sia la volontà privata, consentendo al de cuius di scegliere a chi devolvere i propri beni. 

La Suprema Corte di Cassazione con una discussa ordinanza dello scorso 21 marzo 2022, n. 9130, ha ribadito il suo orientamento, espresso anche dalla nota sentenza 12685 del 2014, confermando che gli eredi possono rinunciare a far valere il testamento del de cuius. A tal fine, ha dichiarato la cassazione “occorre l’accordo di tutti i coeredi da redigere per atto scritto, a pena di nullità, se nella successione sono compresi beni immobili, poiché detto accordo, importando una modificazione quantitativa delle quote, tanto dal lato attivo che da quello passivo, si risolve in un atto delle disposizioni stesse”.

Tale orientamento non ha trovato il favore della dottrina, la quale invece ritiene che possa alterare i principi successori dell’art 457 c.c. in materia di delazione dell’eredità, che recita: “L'eredità si devolve per legge [565 c.c.] o per testamento [587 c.c.]. Non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria.”. In particolare, sempre secondo la dottrina, il rischio sarebbe quello di ledere la duplicità dei titoli successori.

Di conseguenza l’accordo posto in essere da tutti i coeredi non potrebbe avere l’effetto di mutare il titolo della delazione, permettendo ai coeredi di scegliere di rinunciare alla delazione testamentaria a favore della legittima, né potrebbe essere qualificato come una rinuncia all’eredità, in quanto dovrebbe rispettare i requisiti dell’art 519 c.c. e comporterebbe l’operatività degli istituti della sostituzione ordinaria, della rappresentazione, o dell'accrescimento, in favore di soggetti diversi dal rinunciante.

In conclusione secondo la dottrina, l’accordo di rinuncia a far valere il testamento andrebbe considerato un negozio dispositivo dei diritti successori ex art 477 c.c. che comporta l’accettazione tacita dell’eredità con natura traslativa e modificativa. Risulta inoltre opportuno sottolineare che l’onere della forma scritta ad substantiam varrebbe non soltanto se nell’asse ereditario vi sono beni immobili, bensì sempre, in conformità con quanto previsto dall’art. 1543, comma 1, c.c. che, secondo l’opinione pressoché pacifica, trova applicazione per ogni atto di disposizione non donativo anche di una quota di eredità.

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Cecilia Vassetti 
Trainee Lawyer

 

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