In sede di colloquio di lavoro, colui che procede all'esame della candidata è tenuto al rispetto di determinati limiti in riferimento all'oggetto della domanda da porre?

È lecito, in tale sede, sottoporre quest’ultima ad interrogativi di natura prettamente personale volti a sondare, ad esempio, la sfera religiosa, sessuale o il relativo trascorso di vita? In altri termini, è lecito il comportamento di colui che miri all’ottenimento di informazioni che, ordinariamente, a nulla rilevano ai fini della valutazione delle competenze professionali della candidata cui il colloquio è naturalmente finalizzato?

Orbene, è facilmente intuibile come una siffatta condotta possa rivelare un chiaro intento discriminatorio nei confronti delle donne, dando così vita a comportamenti illeciti che ostano all’effettiva attuazione del combinato disposto degli artt. 3, 4, e 37 Cost.

Nonostante la parità di trattamento tra uomo e donna costituisca un principio fondamentale del nostro ordinamento e nonostante la relativa promozione e tutela sia stata oggetto di numerosi e mirati interventi legislativi, è innegabile come talvolta, nella realtà fattuale, tale principio venga mortificato.

Cosa dice il Codice delle pari opportunità

In merito alla generale illiceità di tali condotte in quanto discriminatorie, il Codice non lascia adito ad interpretazioni: è vietata, infatti, qualsiasi forma di discriminazione in sede di accesso a qualsiasi tipo di impiego. Da ciò discende che la valutazione della candidata deve avere ad oggetto unicamente le relative capacità professionali e che quest’ultime devono essere valutate in modo oggettivo e imparziale.

In sintesi, il Codice delle pari opportunità vieta che:

  • Un candidato sia discriminato per la sua gravidanza, il suo stato di famiglia e il suo stato matrimoniale
  • Siano effettuate selezioni che pregiudichino un candidato per genere, orientamento sessuale e religione.

Alcuni casi sono invece consentiti. Si fa riferimento a quegli impieghi in cui il genere sessuale è rilevante ai fini dello svolgimento degli stessi. Si pensi ad esempio al mondo della moda, a lavori che richiedono una certa forza fisica, oppure, in generale, a tutti quei lavori per i quali, in considerazione della natura del lavoro, sia necessario specificare il genere.

Un datore di lavoro può porre domande estremamente personali al candidato donna?

È illecito chiedere alle donne, al momento del colloquio, informazioni circa la volontà di convolare a nozze o di procreare. Allo stesso modo saranno da considerarsi nulle, ai sensi dell’art. 15 Stat. Lav., le clausole contrattuali con le quali le parti pattuiscano il verificarsi del licenziamento o della risoluzione del contratto di lavoro in caso di matrimonio.

Dunque, quando è legittimo il licenziamento?

Il licenziamento discriminatorio è da considerarsi nullo e in caso di accertamento in sede giudiziale, il datore di lavoro verrà condannato a corrispondere ingenti somme nei confronti del lavoratore oltreché alla reintegra del lavoratore discriminato

Si possono chiedere a una donna, durante un colloquio di lavoro, informazioni sulla salute?

Anche questa domanda può essere considerata illecita. Infatti, non possono essere chieste informazione circa l’eventuale presenza di malattie psichiatriche, quali depressione, o di malattie croniche di cui la candidata possa soffrire. Tale domanda può essere posta unicamente per comprendere se la candidata rientra in un ambito delle categorie protette.

In quest’ultimo caso, dunque, chi assume si occuperà di garantire la sicurezza per la propria dipendente sul posto di lavoro, fornendo particolari accorgimenti oltre alle visite mediche specifiche pre e post assunzione.

È lecito porre domande a una donna riguardo problemi, durante la sua precedente occupazione, con il suo datore di lavoro?

Anche questa domanda risulta illecita, sia per gli uomini che per le donne. Secondo la legge infatti potrebbe avere delle conseguenze sulla futura assunzione del candidato o della candidata.

 

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