Brexit - Istruzioni per l'uso

Ogni volta che rivolgiamo il nostro pensiero alla terra anglosassone, la nostra mente viene sistematicamente avvolta dall’imminente e tanto discusso matrimonio reale, dalle incontaminate landscape scozzesi e dai double decker londinesi. Quest’ultima, però, viene oltremodo angosciata dal costante e comune pensiero: cosa succederà con la Brexit?

Il processo Brexit parte ufficialmente il 29 marzo 2017 quando il primo ministro britannico, Theresa May, chiede l’attivazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona, al fine di consentire al Regno Unito di uscire dalla Unione Europea. Tale iter vedrà la sua conclusione in data 29 marzo 2019; a dare tale notizia è stato l’ambasciatore britannico a Bruxelles, Sir Tim Barrow, ad informare l’ufficio del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, della data scelta dalla premier.

Quindi, a fronte dell’inesorabile protrarsi del tempo, cosa accadrà agli oltre 600.000 italiani che lavorano in Gran Bretagna, agli imprenditori, startupper e studenti una volta che il Regno Unito avrà portato a termine il processo di divorzio con l’Unione Europea?

Trattandosi di un esempio senza precedenti, al momento l’area di incertezze è molto vasta ed i futuri accordi stipulati in materia commerciale permetteranno di capire quali potranno essere i costi per le imprese.

Nonostante quest’aria di instabilità, ad oggi già si intravedono le possibili conseguenze e ripercussioni.

Prima di approfondire le tematiche relative ai possibili e futuri cambiamenti occorre differenziare il trattamento che coinvolgerà gli italiani sul territorio d’Oltremanica da quello che riguarderà gli imprenditori inglesi aventi interessi in Italia.

I primi potrebbero essere indotti  a rientrare in Patria. Chi deciderà di restare dovrà procurarsi un permesso di soggiorno e molte aziende italiane che esportano nel Regno Unito dovranno confrontarsi con i dazi doganali che renderanno meno competitivi i nostri prodotti.

 A titolo esemplificativo, si vedano i classici ristoranti italiani di Londra; fra un paio d’anni quest’ultimi proporranno piatti a base di prosciutto di Parma soggetti ad un sovrapprezzo pari al 32%, mentre i cuochi italiani  potrebbero essere costretti a dover richiedere un permesso di soggiorno per vivere e lavorare in Gran Bretagna.

Cosa accadrà, invece, ai i proprietari di un’attività? Non avranno nulla da temere gli imprenditori italiani il cui business è gestito da una società inglese, in quanto i dividendi degli azionisti stranieri non subiranno una tassazione aggiuntiva.

I settori, invece, maggiormente esposti alle modifiche sopra citate saranno quelli dell’industria manifatturiera (28,5%), commercio all’ingrosso e al dettaglio di auto e motoveicoli (21,1%) e attività estrattiva (18,82%), ma anche il settore dei mezzi di trasporto (14%) e di meccanica strumentale (16,8%), che subiranno una perdita di esportazione nel territorio italiano.  

Inoltre, tra le possibili ripercussioni, è importante sottolineare che qualunque scambio con la Gran Bretagna, sia in ingresso che in uscita, sarà sottoposto alla tassazione generalmente applicata a Stati extra-comunitari. Di conseguenza, le aziende italiane che vorranno intrattenere rapporti commerciali con l’Inghilterra, dovranno soggiacere ai nuovi oneri doganali imposti dalla entrata in vigore della Brexit.    

L’impatto avrà conseguenze non solo economiche, ma rivoluzionerà anche il sistema normativo in materia di sicurezza, salute, certificazioni di qualità e, soprattutto, in tema di libera circolazione di risorse e capitali.        

Questo significa che le piccole-medie imprese, già in relazioni commerciali con enti britannici, si vedranno sostenitrici di costi più alti volti ad ottenere i medesimi risultati.

Diversamente, secondo recenti indagini, sono esattamente 860 le partecipazioni inglesi nel nostro Paese.                                                        

La maggior parte delle aziende straniere si concentrano in Lombardia, seguita da Lazio e Toscana ed i settori più presenti sono quello delle attività commerciali, manifatturiera e degli alloggi.

Per gli imprenditori inglesi in Italia se l’incombenza di doversi munire di nuovo del passaporto per viaggiare sarà forse la novità meno fastidiosa, il rischio maggiore sarà probabilmente quello di perdere alcune agevolazioni importanti garantite ai cittadini Ue, come l’assistenza sanitaria automatica o le facilitazioni per l’accesso al mercato del lavoro. Di conseguenza anch’essi prevedono un’alterazione dei prezzi a causa della tassazione sui prodotti import- export.

Resta solo da attendere eventuali nuovi aggiornamenti normativi quindi, per il momento, rimane solo da soffermarsi sulla bellezza del Big Ben e maestosità del Tamigi.

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